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Domenica scorsa ci siamo occupati della Camera degli Sposi dal punto di vista cinofilo mentre oggi ci occupiamo dell’altra metà del cielo, quella felina. Ebbene sì perché anche se nella camera picta di gatti non ce ne sono non possiamo escludere che ogni tanto qualche micio ci passasse. Magari proprio Martino, il gatto preferito di Isabella d’Este che, dopo l’iniziale spavento, avrebbe potuto fare smorfie e sberleffi ai mastini dipinti che non potevano reagire sentendosi corraggioso e spavaldo. In realtà la cinquina di oggi non sarà solo gonzaghesca ma ci porterà in giro per la città in un itinerario gattofilo, da percorrere con passo felino, alla scoperta di particolari che spesso non notiamo e di storie che ci raccontano di una città solo apparentemente indifferente ai gatti. (cinquina benevolmente sollecitata e ispirata da Virginia Novellini).

Il gatto Martino di Isabella d’Este – conosciamo il nome del gatto preferito della marchesa di Mantova perché non solo lo cita nelle sue lettere ma gli organizza un funerale cui devono partecipare anche i cani di casa. Ma andiamo con ordine. Ecco cosa scrive Isabella d’Este che amava i gatti e li considerava esseri affascinanti, specialmente “quelli listati che vengono de Levante da pigliare ratti” (detti soriani perché presenti in Sorìa ovvero Siria). Lo scrive in una lettera del 1495 lamentandosi del fatto che in Italia i gatti erano rarissimi, sterminati dai fanatici e così i topi ballavano, “non ce lassano vivere in casa”. La marchesana fa in modo di farsi spedire dai suoi corrispondenti (ad esempio Marcello Trevisano da Venezia – qui potete leggere l’articolo di Micaela Torbi). Ma torniamo a Martino, il preferito, che muore nel novembre del 1510. A lui furono addirittura dedicati componimenti poetici dai letterati Calandra ed Equicola. Per approfondire.

Il gatto in bronzo del Museo egizio – questa statuetta è da sempre il simbolo del piccolo museo Egizio di Mantova, costituito dalla collezione di Giuseppe Acerbi, dal 1826 al 1834 Console Generale d’Austria in Egitto. Il gatto è rappresentato seduto, con le orecchie ben diritte e la coda a riposo, mentre osserva chissà cosa. Per gli egizi il gatto aveva un ruolo importante non solo perché come gli altri animali era considerato una manifestazione o un simbolo della divinità ma anche per la sua utilità domestica come cacciatore di topi. Una curiosità di questa statuetta è che è cava, perché le sculture di questo tipo servivano a contenere le mummie dei gatti. Il Museo Egizio di Palazzo Te si trova dal 1983 al piano ammezzato della villa giuliesca e raccoglie circa 500 opere tutte portate a Castel Goffredo da Giuseppe Acerbi e poi donate alla città. Per approfondire.

Palazzo Aldegatti – non tutti quelli che passano per via Chiassi si accorgono di lui, che sorveglia almeno da 500 anni l’ingresso di Palazzo Aldegatti. La dimora di questa antica famiglia nobile si trova ai numeri 18 e 20 e fino a tempi recenti ospitava una scuola elementare (la Ardigò che oggi invece si trova nel complesso della Maurizio Sacchi). Forse gli alunni prestavano attenzione a quella testa felina che sbuca al culmine dell’arco marmoreo che incornicia il portone. E’ un chiaro riferimento al nome della famiglia che abitava il palazzo che assunse le forme attuali nel cinquecento. Ebbene ormai da 5 secoli il gatto Aldegatti sorveglia attento il via vai delle persone e c’è chi dice che di notte, come spesso succede alle statue mantovane, inizi a muoversi e a miagolare provando a sgranchirsi le zampe per richiamare l’attenzione di qualcuno disposto a liberarlo da questa prigione. Per approfondire.

Al bus dal gat – quasi tutti i mantovani hanno sentito nominare almeno una volta “al bus dal gat” ma non tutti forse sanno dove si trova questo luogo- E’ l’area che collega Sparafucile al ponte dei mulini, la riva del lago di Mezzo dove si trovava il forte di Fossamana ed è stata costruita la Cartiera Burgo. Ecco cosa scrive Stefano Scansani nella sua Omnia Mantova “La sponda che si estende verso il ponte dei Mulini, dall’altra parte del Lago di Mezzo, è il bus dal gat. I mantovani, in dialetto, la chiamano così, e la traduzione è improbabile: buco del gatto. Deve avere qualcosa a che fare con bugigattolo. Un posto selvatico”. Di recente è stato aperto un sottopasso che collega la sponda alla destra del ponte di San Giorgio (per chi guarda verso Sparafucile) con la sponda a sinistra del ponte consentendo di chiudere l’anello delle ciclabili che girano intorno ai laghi.
Per approfondire.

I quadri di Felice Boselli a Palazzo d’Arco – Felice Boselli (Piacenza 1650-1732) è un pittore emiliano molto noto soprattutto per le sue nature morte ma anche per un modo bizzarro di firmare le sue tele. Se infatti pensiamo alla versione latina del nome del pittore Felix e alla parola latina per gatto, ovvero Felis vediamo che sono molto simile. Ebbene il pittore nelle sue numerosissime nature morte metteva un gatto che rappresentava bene o male la sua firma. Questo accade anche a Palazzo d’Arco in una delle tele oggi esposte nella sala delle natura morte, allestita come una sala da pranzo. E’ proprio nel quadro Il Pescatore con pesci di Felice Boselli che appare il nostro gattino, dai baffi illuminati da un raggio di luce. Una curiosità: anche nel suo autoritratto conservato a Parma il pittore si rappresenta con un piccolo gattino che occhieggia, aggrappato con le unghie dalla sua spalla destra.
Per approfondire.

Giacomo Cecchin

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  61. 5 luoghi visitati da Shakespeare a Mantova durante il viaggio in Italia
  62. 5 luoghi frequentati da Romeo nel suo esilio mantovano
  63. 5 torri tra sale, zucchero e gabbie
  64. 5 momenti storici dove sarebbe stato bello essere a Mantova
  65. 5 escursioni fuori porta
  66. 5 laghi a Mantova
  67. 5 statue di Virgilio
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  69. 5 cappelle o chiese in Palazzo ducale
  70. 5 piazze create dal caso
  71. 5 ponti sul Rio
  72. 5 cavalcavia da osservare
  73. 5 salite mozzafiato
  74. 5 scorciatoie da scoprire
  75. 5 piazze da incorniciare
  76. 5 posti del cuore

 

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