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Duomo Cattedrale di Mantova

A volte le città sembrano inghiottire alcuni edifici che scompaiono senza lasciare traccia. A volte invece questa digestione urbana non è completa e allora rimangono elementi architettonici, finestre, muri e altri indizi che raccontano cosa c’era in precedenza. Non è facile vederli, ci si capita di fronte per caso e lasciano un attimo interdetti ma poi scatta la voglia di saperne di più. Mantova è ricca di queste indigestioni urbane allora eccovene 5 da riscoprire tra chiese, palazzi e vicoli del centro (cinquina ispirata da Maria Cristina Novellini).

Vicolo Prato

Questo vicolo senza uscita che inizia da via Pomponazzo proprio di fronte a dove sbocca via Ardigò offre una sorpresa a chi vi entra. Proprio sulla destra, guardando verso il fondo, si trova uno dei resti della chiesa di Santo Stefano. Il muro in mattoni a vista vede al suo culmine un piccolo rosone gotico e la tipica cornice medievale in cotto tipica di tante altre chiese mantovane. Questa chiesa, molto antica (secondo le fonti la fondazione risale all’828), fu parrocchia e poi convento delle Carmelitane scalze teresiane per essere demolita dopo la soppressione del 1782 ad opera dell’imperatore Giuseppe II. Chissà se qualche parte della sua struttura si trova anche all’interno dell’edificio da cui sbuca questo particolare.

Vicolo Carmine

E’ difficile che qualcuno passi da questo vicolo a meno che non ci sia costretto, eppure riserva uno dei tanti esempi di indigestione urbana a Mantova. Vi si trovano infatti, protetti da una piccola cancellata, i resti dell’abside della chiesa di Santa Maria del Carmine dove era sepolto il beato Battista Spagnoli. Della chiesa che faceva parte di un importante convento, soppresso nel 1783, rimane un pinnacolo gotico, una finestra circolare e parte del muro perimetrale della parte absidale. Del convento rimangono anche i due chiostri all’interno del Palazzo della Dogana, risparmiati dall’intervento dell’architetto Paolo Pozzo, durante la ristrutturazione dell’edificio, e il portale con decorazione a candelabre che si trova su via Pomponazzo a fianco di quello realizzato da Giulio Romano.

Il Duomo

Il duomo o cattedrale di San Pietro è un esempio di palinsesto, continuamente riscritto nel corso della sua storia. Potremmo definirlo un cocktail architettonico ma la parte che salta agli occhi come esempio di indigestione urbana è il lato gotico che risale alla ristrutturazione ad opera dei fratelli Dalle Masegne verso la fine del ‘300. Chi volesse rendersi conto di com’era la chiesa gotica deve osservare attentamente la facciata che si vede nel dipinto di Domenico Morone (1494) titolato “La Cacciata dei Bonacolsi”: uno splendido duomo gotico con statue, guglie e pinnacoli oltre ai due leoni stilofori che reggevano il portico in facciata.

Il Palazzo del Podestà

Un palazzo rinascimentale che ha inghiottito l’antico fortilizio del podestà risalente al 1227. Oggi le finestre rettangolari coprono le tipiche finestre romaniche con arco a tutto sesto e il fatto che non ci siano più gli affreschi che probabilmente ne decoravano le pareti fa emergere molte tracce dell’edificio medievale. Le tre più evidenti sono i merli a coda di rondine, chiusi da Luca Fancelli per guadagnare spazio, il cortile con lo scalone coperto (restaurato) e noto a tutti i mantovani come sottoportico dei lattonai e la statua di Virgilio che osserva da 8 secoli la piazzetta del Broletto, detta un tempo delle carceri per la prigione che stava nella torre comunale.

Via Leon d’Oro

In questo caso più che di indigestione urbana si dovrebbe parlare di rigurgito. Infatti chi percorre il vicolo Leon d’oro verso piazza Leon Battista Alberti ad un certo punto vede sbucare sulla sinistra un muro circolare con una cornice alla base- E’ la parte terminale dell’abside della Basilica di S.Andrea costruita all’interno dello spazio lasciato vuoto dalla demolizione della precedente chiesa e che sembra proprio non voler stare ingabbiata tra le case. Se infatti sul lato che fronteggia piazza Erbe la vista della basilica è chiusa dai portici quattrocenteschi (ricordiamo che le porte poste sul lato destro del transetto in S.Andrea sono chiuse e non consentono di uscire) qui sul retro invece l’abside sbuca tra i muri del vicolo ricordandoci delle dimensioni fuori scala per Mantova del tempio costruito su progetto di Leon Battista Alberti.

Giacomo Cecchin

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